VI. 3. Serie e flussioni di Newton

 

Sembra che prima della fine del 1664 Newton avesse ormai raggiunto i limiti della conoscenza matematica e fosse pronto a dare propri contributi. Le sue prime scoperte, che risalgono ai primi mesi del 1665, furono il risultato della sua abilità di esprimere funzioni in termini di serie infinite. Nel 1665 Newton cominciò anche a riflettere sulla flussione, cioè sulla velocità con cui variano grandezze capaci di variare con continuità, o "fluenti", come lunghezze, aree, volumi, distanze, temperature. Da allora in poi, Newton collegò questi due problemi, degli sviluppi in serie e delle velocità di variazione, unificandoli in quello che egli chiamava "mio metodo".

Il primo scritto sulla sua analisi infinita fu De analysi per aequationes numero terminorum infinitas [76], composto nel 1669 ma pubblicato solo nel 1711. In esso Newton scriveva:

E qualsiasi cosa l'analisi comune [ossia l'algebra] esegua per mezzo di equazioni con un numero finito di termini (purché lo si possa fare), questo metodo può sempre eseguire la stessa cosa per mezzo di equazioni infinite. Così non ho esitato a dare ad esso lo stesso nome di "analisi". Infatti i ragionamenti usati in questa analisi non sono meno certi di quelli usati nell'altra, e le sue equazioni non sono meno esatte; sebbene noi mortali, con le nostre capacità di ragionamento molto limitate, non possiamo né esprimere né concepire tutti i termini di queste equazioni in modo da sapere esattamente in base ad essi le quantità che desideriamo ... Per concludere, possiamo giustamente ritenere che ciò spetti all'Arte analitica, con l'aiuto della quale è possibile determinare esattamente e geometricamente le aree e le lunghezze delle curve.

Incoraggiati dall'esempio di Newton, i matematici successivi non cercarono più di di evitare processi infiniti, come avevano fatto i greci, perché ora erano considerati legittimi nel campo della matematica. Il De analysi conteneva, oltre alla ricerca sulle serie infinite, la prima esposizione sistematica della principale scoperta matematica di Newton: il calcolo infinitesimale. Non aveva ancora elaborato la sua notazione delle flussioni, ma aveva però formulato un metodo sistematico di differenziazione che non era molto diverso da quello pubblicato da Barrow nel 1670. Basta sostituire le lettere a ed e di Barrow con le lettere di Newton qo e po rispettivamente per ottenere la prima forma newtoniana del calcolo infinitesimale. Evidentemente Newton considerava o come un intervallo di tempo breve e op e oq come i piccoli incrementi per i quali x e y variavano in tale intervallo. Il rapporto rappresentava pertanto quello tra i rapporti istantanei di variazione di y e di x: in altri termini, rappresentavano la pendenza della curva f(x, y) = 0. La pendenza della curva , per esempio, veniva trovata a partire da , sviluppando entrambi i membri secondo la formula del binomio, dividendo il tutto per o e trascurando i termini che contenevano ancora o: il risultato ottenuto era

Più tardi Newton, trattando una funzione esplicita a un'unica variabile x, abbandonò i suoi p e q e usò o per indicare una piccola variazione della variabile indipendente, notazione usata anche da Gregory.

E' noto che nella esposizione più conosciuta che Newton fece dei suoi metodi infinitesimali, egli considerava x e y come quantità "fluenti", di cui le quantità p e q rappresentavano le "flussioni" o velocità di variazione. Quando redasse questa esposizione del calcolo infinitesimale verso il 1671, sostituì p e q con le lettere puntate e . Indicò le fluenti, di cui x e y erano le flussioni, con e . Raddoppiando i punti e le lineette riuscì a rappresentare flussioni di flussioni o fluenti di fluenti. Si osservi che il titolo del lavoro, quando venne pubblicato molto tempo dopo nel 1742 (sebbene ne fosse apparsa una traduzione inglese nel 1736), non era semplicemente il metodo delle flussioni, ma Methodus fluxionum et serierum infinitorum. Nel 1676 Newton redasse una terza esposizione del suo calcolo infinitesimale, con il titolo De quadratura curvarum, cercando questa volta di evitare sia le quantità infinitamente piccole sia le quantità fluenti, sostituendole con quello che egli chiamava "metodo delle prime e ultime ragioni". Egli trovò la "prima ragione di aumenti crescenti" o l'"ultima ragione di incrementi evanescenti" nel modo seguente:

La quantità x (si noti che non viene usato il termine funzione) fluisca uniformemente, e sia da trovarsi la flussione della quantità .

Nel tempo in cui la quantità x fluendo diventa x+ o la quantità diventa , cioè, secondo il metodo delle serie infinite (cioè secondo lo sviluppo del binomio di Newton):

Gli incrementi o e stanno tra loro come 1 sta a . Se ora quell'incremento svanisce, la loro ultima ragione sarà

.

Qui Newton era effettivamente molto vicino al concetto di limite; la principale obiezione riguardava l'uso del termine "svanire".

Newton scoprì il metodo degli sviluppi in serie e il calcolo infinitesimale negli anni 1665-1666, e nel corso del decennio successivo stese almeno tre esposizioni esaurienti della nuova analisi. Il De analisi fu fatto circolare fra gli amici, tra cui John Collins e Isaac Barrow, e lo sviluppo della serie infinita binomiale fu comunicato per lettera a Oldenburg e a Leibniz; ma Newton non fece nulla per pubblicare i suoi risultati, anche se sapeva che Gregory e Mercatore nel 1668 avevano divulgato le loro ricerche sugli sviluppi in serie. La prima esposizione del calcolo infinitesimale che Newton abbia pubblicato apparve nei Philosophiae naturalis principia mathematica del 1687, il più ammirato trattato scientifico di tutti i tempi. Questo libro viene descritto generalmente come quello che presenta i fondamenti della fisica e dell'astronomia nel linguaggio della geometria pura. E' vero che quest'opera presenta in larga parte una esposizione in forma sintetica, ma vi sono mescolati frequentemente passi in forma analitica. Infatti, la prima sezione del Libro I è intitolata: "Il metodo delle prime e ultime ragioni delle quantità, con l'aiuto del quale dimostriamo le proposizioni che seguono".
Nella prima edizione dei Principia Newton ammetteva che Leibniz possedeva un metodo simile, ma nella terza edizione del 1726, in seguito all'aspra polemica tra i sostenitori dei due scienziati in merito all'indipendenza e priorità della scoperta del calcolo infinitesimale, Newton eliminò il riferimento al calcolo di Leibniz. E' oggi abbastanza evidente che la scoperta di Newton precedette quella di Leibniz di circa dieci anni, ma che d'altra parte la scoperta di Leibniz fu fatta indipendentemente da quella di Newton. Inoltre a Leibniz va riconosciuta la priorità di pubblicazione: infatti pubblicò una esposizione del suo calcolo nel 1684 negli Acta Eruditorum, una sorta di periodico mensile scientifico che era stato fondato due anni prima.